E’ uno dei professionisti italiani più mediatici di sempre, sì proprio lui, quello che registra video tutorial ed è,da sempre, presente sui social.
Il modo di fare comunicazione e’ cambiato, e lui è stato tra i primi colleghi a rendersene conto e a modificare il suo approccio all’ insegnamento.
Questo mese ho il piacere di fare una chiacchierata con Andrea Zanardelli.
Ciao Giulia! Ti ringrazio per avermi rivolto qualche domanda e sono onorato di poter condividere il mio pensiero con te ed i tuoi lettori.
Andrea, dimmi un po’ da cosa nasce la tua passione per il golf? Come hai iniziato a giocare e quando hai pensato di dedicarti all’ insegnamento?
Da bambino e da ragazzo ho praticato molti sport e mai… proprio MAI avrei immaginato di giocare a golf. Soprattutto giocavo a tennis… fino a quando, a 16 anni, un pomeriggio in cui mi annoiavo, in montagna, nella mia casa in Svizzera non ho provato il golf. Ricordo ancora quel ferro 7 e l’emozione di vedere volare la pallina alta nel cielo… Ricordo perfettamente i miei primi swing e ricordo che esclamai “wow, questa cosa è stupenda!”. Rientrato in Italia mi dimenticai del golf ma mia mamma mi regalò un set di vecchi bastoni e mi iscrisse all’attività giovanile del Golf Franciacorta dove ebbi la fortuna d’incontrare Gino Pelizzari, persona eccezionale e vero pioniere dell’attività giovanile italiana (oggi purtroppo scomparso) che mi aiutò a coltivare la mia passione per questo sport straordinario. Finito il liceo, mi iscrissi alla facoltà di Architettura di Milano con l’idea di disegnare campi da golf… ma dopo 23 esami, stanco dell’incredibile disorganizzazione universitaria, decisi che volevo vivere con le scarpe da golf ai piedi e dedicarmi a tempo pieno all’insegnamento.
Con la sete di sapere tipica del decennio che stiamo vivendo non credi che la conoscenza tecnico scientifica del nostro settore sia molto evoluta?
Ritengo che oggi stiamo davvero vivendo un periodo molto interessante e fortunato per chi svolge la nostra professione. Le conoscenze tecnico scientifiche sono ai massimi livelli ed in continuo crescendo ma, soprattutto, sono accessibili a chiunque grazie alle incredibili tecnologie in vendita, ai corsi e alle certificazioni live e on-line, ai seminari e ai libri disponibili. Se ai miei tempi, da ragazzo super appassionato di golf e autodidatta avessi avuto a disposizione la quantità d’informazioni disponibili oggi, grazie alla condivisione permessa da internet, sarei letteralmente impazzito di felicità… invece per studiare gli swing dei giocatori mi chiudevo nelle cantine dei fotografi che sapevo avevano seguito tornei professionistici in cerca di qualche fotogramma interessante… era davvero più difficile accedere alle informazioni negli anni ’90! Oggi serve solo masticare un po’ d’inglese e aver voglia di studiare.
Come giudichi la rivoluzione della PGA Italiana che ha reso l’aggiornamento professionale se non obbligatorio, raccomandato, per essere classificati come professionisti aggiornati e al passo con le novità tecnologiche del mercato?
Ritengo sia stato fatto un passo sicuramente importante, se non proprio in linea, almeno “in scia” delle migliori PGA del resto del mondo. Tuttavia, l’aggiornamento professionale (per via privata o istituzionale che sia) dovrebbe essere reso obbligatorio anziché facoltativo ma certamente non dalla PGAI (che non si occupa della formazione dei Maestri), bensì dal CONI e per esso dalla Federgolf. Preoccupa, al contrario, notare come la nostra blasonata SNP (Scuola Nazionale Professionisti), da vero fiore all’occhiello del golf italiano stia, anno dopo anno, perdendo sostanza, immagine e ruolo… segno di un’insufficiente volontà da parte della FIG di formare professionisti italiani di davvero alto profilo professionale.
Sono anni che collabori con Chuck Cook, tra l’altro a Settembre, hai organizzato una settimana di lezioni con lui a Gardagolf. Cosa ti piace di questo professionista americano e del suo modo di insegnare?Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere Chuck Cook nel 2011 e ciò che più mi ha colpito di lui sono state l’infinita competenza tecnica, la semplicità, la logicità della sua filosofia d’insegnamento e la sua straordinaria disponibilità a condividere le sue conoscenze, segno di grande passione, grande umanità e grande umiltà. Oggi giorno ritengo sia in assoluto il coach, a livello mondiale, con l’esperienza più ampia, in quanto, pur conservando l’occhio e la semplicità di linguaggio dei maestri del secolo scorso, ha da sempre un approccio molto scientifico al golf e con lo staff tecnico di Golf Digest e con l’ingegnere Dave Pelz (che all’epoca lavorava nella sua accademia) è stato un vero pioniere della ricerca scientifica negli anni ’80. Non a caso, Chuck fa oggi parte del board di sviluppo delle più importanti tecnologie tra le quali TrackMan e K-Vest e la sua sete di aggiornamento è inesauribile. Il suo approccio didattico, tuttavia, resta molto pratico e mette al centro il momento più importante dello swing, l’impatto, dal quale poi costruisce a ritroso l’intero swing. Un approccio incredibilmente logico ed efficace che ho adottato con grandi risultati nei miei allievi.
Cosa pensi della Ryder Cup a Roma nel 2022? E’ un vero business o per arrivarci servono talmente tanti investimenti che, alla fine, non saranno ripagati dall’evento in se’?
Avere la Ryder Cup in Italia sarà una grande festa. Il progetto in sé, molto probabilmente si ripagherà per via del business plan dell’evento che storicamente tende, per successo ed interesse mediatico, a far tornare i conti. Tuttavia, ritengo rischi di essere un evento fine a sè stesso e che, spente le luci della ribalta, il numero di golfisti resti invariato. Non sono contrario all’organizzazione della Ryder Cup in Italia, tutt’altro… mi domando solo se il “progetto Ryder Cup 2022” che avrebbe come obiettivo quello di aumentare il numero di giocatori in Italia stia davvero prendendo forma. Purtroppo non vedo una chiara vision e non vedo un concreto progetto di marketing davvero capace di motivare nuovi golfisti. Tuttavia, rimango fiducioso e auguro un buon lavoro a chi in Federgolf si occupa di questo e ringrazio, da appassionato, chi ha portato il torneo in Italia.
Il golf Italiano ha bisogno di cambiare marcia, abbiamo proposto il golf nelle scuole, lezioni gratuite, abbattuto i prezzi, fatto provare a giocare tutti con i gonfiabili in piazza, aperto le porte dell’Open d’Italia, il tesseramento libero, corsi collettivi a prezzi convenienti ma il numero dei golfisti non cresce. Piace davvero agli Italiani questo sport?
Il popolo italiano è storicamente più un popolo di tifosi che di sportivi. Tutti parlano di sport… ma pochi davvero lo praticano. A partire dalla scuola. Le iniziative per far provare il golf sono tante ma tutte condotte da singole realtà. Io credo serva un’operazione di marketing più forte da parte della Federgolf con promozioni costanti su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con circoli e professionisti, con l’istituzione di un sito web, di un numero verde e di operazioni pubblicitarie sui social e in TV in grado di assistere i curiosi e offrirgli la possibilità di provare concretamente il golf, presso un circolo o un campo pratica della sua zona. Serve un progetto coadiuvato dall’alto e che punti non solo sui giovani bensì sulla fascia 30-50 anni, ossia i giovani genitori che, a loro volta, coinvolgeranno i figli. Perché, come si è già ampiamente dimostrato in paesi che sono cresciuti molto più di noi nel golf, sono i genitori a portare i ragazzi al golf e non viceversa.
Del golf femminile non parla nessuno, l’anno prossimo torna l’Open d’Italia femminile dopo anni di assenza, cosa ne pensi di questa disparità di trattamento tra tour maschile e femminile?
Purtroppo è la legge del business. Dove l’interesse è minore, i soldi scarseggiano, dove i soldi scarseggiano tutto muore. Soprattutto gli eventi professionistici. In Italia ci sono pochi golfisti e le golfiste si contano sulla punta di una mano. Se il golf femminile vuole crescere ha bisogno che le donne giochino di più a golf e si interessino loro stesse di più al golf. E’ solo matematica, non una questione di disparità di trattamento. Amo il golf femminile, amo insegnare alle donne e mi auguro con tutto il cuore che il Tour femminile possa crescere e attirare l’attenzione che merita. Ma per farlo ha prima di tutto bisogno delle donne.
La tecnologia e’ entrata in modo prepotente nel modo di insegnare, quali sono gli strumenti che prediligi ?
Oggi giorno la tecnologia ci permette di fare qualcosa che fino ad ora era pressoché impossibile: misurare. Fino a ieri i grandi Maestri e Coach erano visti come guru, maghi, profeti… perché bisognava fidarsi esclusivamente del loro occhio, della loro intuizione, della loro parola. Oggi è molto diverso. Oggi è impensabile (quanto poco professionale) “provare” ad aiutare un giocatore in base a ciò che sembra o si vede. Oggi si misura, si capisce e poi si parla. E questo rende tutto più facile per l’allievo e più difficile per il maestro (in quanto le tecnologie vanno studiate e conosciute molto bene) ma permette di ottenere risultati ben più concreti e rapidi. Le tecnologie fondamentali che utilizzo quotidianamente e che ti elenco in ordine d’importanza didattica sono: analisi video in super slow motion tipo V1 Pro, tappeto di pressione tipo BodiTrak, analisi del movimento in 3D tipo K-Vest (oggi K-Coach), analisi balistica al radar tipo TrackMan o Flightscope. Non possedere nessuna di queste tecnologie avanzate (oltre all’analisi video) è oggi davvero inconcepibile.
Quali sono, a tuo parere, i fondamenti dello swing ? Quelli elementi imprescindibili che devono essere rispettati per sviluppare al meglio il gesto tecnico.
Come detto, tutto ruota intorno all’impatto. Di conseguenza, lo swing viene costruito per soddisfare i 5 fattori sul volo della palla: allineamento della faccia del bastone, traiettoria e velocità dello swing, angolo d’attacco, punto di contatto. La posizione delle mani, in ogni fase dello swing, determina la posizione della faccia del bastone, la postura del corpo ed il piano determinano la direzione dello swing, la sequenza cinematica dei movimenti ed il lag determinano la velocità dello swing e l’angolo d’attacco, l’equilibrio dinamico determina il punto di contatto. Questi sono gli aspetti fondamentali che prima di ogni altra cosa curo in un allievo.
Professionisti insegnanti e riconoscimento degli atleti. Parlando con molti colleghi che seguono atleti giovani abbiamo riscontrato la consuetudine, purtroppo molto diffusa, di non valorizzare la figura del coach. Sembra che vada di moda il “ ti sfrutto” e la errata consapevolezza di credere di aver capito tutto una volta si impari a giocare bene. Cosa ne pensi del fenomeno, quando invece grandi campioni , uno su tutti Francesco Molinari, ringraziano pubblicamente chi li aiuta?
Io penso che il segreto stia nel non aspettarsi nulla. Il nostro ruolo ed il nostro lavoro consiste nell’aiutare i giocatori ad eseguire meno colpi in campo. Siamo consulenti, siamo “self-service”. Ci facciamo pagare in cambio d’informazioni, di motivazione, di supporto tecnico e morale. Ma in campo giocano i nostri allievi e loro, solo loro, vincono. Se poi, a fronte di un successo, si riceve un ringraziamento pubblico o privato… fa sempre piacere ma non è ciò che mi aspetto o ciò di cui ho bisogno. La mia soddisfazione si limita al sapere di aver fatto il massimo, dietro le quinte, per aiutare il mio allievo.
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
Attualmente sono molto impegnato con le mie lezioni quotidiane e sto dedicando molto tempo allo studio della biomeccanica dello swing. Inoltre, mi sto dedicando alla realizzazione di video corsi online. Il primo dedicato allo swing è già uscito e a breve sarà pronto quello dedicato alla preparazione fisica nel golf per poi iniziare a registrare quelli sul putting ed il gioco corto. Infine, sto disegnando una linea di training tools tra i quali l’AZ-Line per l’allenamento del putting, che sarà il primo ad essere disponibile.; anche se il vero obiettivo di ogni anno è trovare un po’ di tempo per… riposare. Obiettivo che, come sempre… non riesco mai a raggiungere!
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